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"Leveremo l'ancora domani o forse dopodomani, appena avremo terminato di
caricare", sentenzia con un sorriso amichevole e con cipiglio rassicurante Maxim, il
capitano dello sconquassato cargo Belama II (il Belama I non mi è ancora ben chiaro se
non sia mai esistito o se sia affondato di recente ...). Da alcuni giorni ormai il primo
appuntamento del mattino è al porto, prima attendendo il Belama II, annunciato sempre in
arrivo da un momento all'altro e quindi, finalmente giunto in porto, per conoscerne il
momento della partenza verso le isole del nord. Come i giorni precedenti però nessuno
sembra essere informato sui calendari di viaggio (nelle settimane successive ne avrei poi
compreso le ragioni), nemmeno lo stesso capitano e probabilmente nemmeno il cinese,
proprietario del piccolo negozietto in città, che forse è eccessivo chiamare armatore.
Il personaggio che pare essere ancora un cimelio della vecchia Cina, come fosse appena
giunto dalla Shanghai del secolo scorso, è costantemente indaffarato a contare le merci
del suo caotico magazzino, a calcolare col pallottoliere, a dare ordini severi ai pochi
dipendenti, probabilmente suoi familiari. Pure lui mi dice che devo attendere e mi fa
capire che il mio contributo alle coperture dei costi di viaggio non lo interessa molto.
La merce vale molto di più delle persone. Giustamente il Belama II non è certo un battello da crociera, i pochi passeggeri si
devono arrangiare a trovare un posticino in coperta o tra le diverse mercanzie. Un
assembramento di ogni cosa, da noci di cocco a banane, da barche a vecchie macchine da
cucire, da galline ad una mucca. Per un europeo che solo da pochi giorni ha lasciato
nell'armadio di casa i suoi vestiti civili, sostituendoli con dei vecchi jeans e
caricandosi in spalla un ormai vetusto sacco, questa attesa di diversi giorni comincia ad
essere pesante. Non che manchi di attrattività l'idilliaca capitale delle Nuove Ebridi,
dal 1980 indipendenti col nome di Vanuatu, località persa nei mari del Pacifico del Sud a
quattro ore di volo dall'Australia, ma il mio obiettivo sono i saltatori dell'isola di
Pentecoste, i precursori del salto nel vuoto da noi meglio conosciuto come bunguy jumping.
La tradizione vuole che gli spericolati balzi a testa in giù da torri in legno di trenta
e più metri, assicurati solo da liane legate alle caviglie, vengano effettuati a cavallo
dei mesi di aprile e maggio ... e questa pare essere una delle poche scadenze precise di
tutte le Vanuatu! Ho quindi ancora poco più di una settimana per percorrere i circa 200
km di mare che mi separano dall'Isola di Pentecoste. Port Vila cittadina ormai mi è
familiare, ha tutto lo charme che ci si può attendere da una località dei mari del sud:
una laguna con acque terse e turchesi, una via principale sulla quale trascorre quasi
sonnolente la vita quotidiana degli isolani ed una popolazione molto cordiale che ancora
ha la consuetudine di salutare ogni persona che incontra. I locali non sono però di certo invadenti, al contrario sono forse eccessivamente
riservati, quasi temessero di disturbare. Patrick costituisce un poco l'eccezione: lavora
dietro la vetrina sopra la quale è affisso il cartello <Tourist Office>. Compensa
una discreta carenza di informazioni con la simpatia. Per lo più fa riferimento a fatti e
situazioni raccontati da amici, da parenti o da conoscenti per illustrare le attrazioni
del suo paese. Delle molte isole dell'arcipelago ne ha visitate solo alcune di persona, ma
con un poco di fantasia e con molto entusiasmo è capace di parlare per ore delle Vanuatu.
Ride ascoltando i miei crucci col Belama II, probabilmente non riesce a capacitarsi di
come si possa essere tanto ansiosi di raggiungere un'altra isola. A queste latitudini
quando si dice di voler partire per fare visita ad un parente, probabilmente ha il
medesimo significato di salutarsi per un paio d'anni ... ma anche questo lo avrei capito
solo in seguito. Tra i tanti ottimisti incoraggiamenti di Patrick ve ne è però uno che
mi suona interessante. Mi invita infatti ad andare all'aeroporto dove magari con un poco
di fortuna è possibile trovare un posto su di uno dei piccoli velivoli che di tanto in
tanto fanno la spola con le isole più a nord. Lagenzia della Vanair (la compagnia
aerea locale), da me subito visitata in città è naturalmente bene informata su ogni i
volo: tutto esaurito e nessun volo previsto verso le destinazioni da me richieste, mi
dicono. Siamo però alle Vanuatu e quindi decido di recarmi comunque allaeroporto. 2. Henry mi ospita nella sua capanna Dopo aver quindi atteso invano per giorni, l'arrivo prima e la partenza poi del cargo Belama II, mi è bastato recarmi all'aeroporto, attendere un paio d'ore per sentir chiamare ad un certo momento il mio nome dall'inserviente del bancone del check in al quale mi ero rivolto in precedenza: <Mr. Roberto può partire, buon viaggio>. Quasi incredulo mi affretto a raggiungere il velivolo della Vanair parcheggiato a poche decine di metri, come avessi paura che all'ultimo momento possa ancora accadere qualche cosa, che i pochi sedili disponibili risultino già occupati, che improvvisamente non vi sia più carburante, che il pilota mi venga a dire che oggi non si vola, che ... Eccomi però seduto davanti ai comandi di volo con la cuffia in testa. Se non fosse per il supporto che mi permette di comunicare col pilota a fianco tra il fragore del motore, il cockpit potrebbe essere vagamente simile a quello della mia vecchia Alfa 33. Un paio di pedali, un mezzo manubrio che quando lo tiri verso di te si sale e viceversa si scende, un segnalatore d'altitudine con una freccetta per la direzione. Se hai caldo apri il finestrino, se hai freddo lo chiudi. Tutto molto semplice. In volo sopra il vulcano attivo di Ambryn Andrew, il pilota, contento di poter interrompere la routine quotidiana discorrendo con uno straniero, mi mostra dei nuvoloni dalla forma preoccupante, sono le fumate del vulcano di Ambryn, una grande caldaia ancora piuttosto attiva, non ha però attualmente un'attività esplosiva, la lava è la fonte di calore che produce le fumate alle quali andiamo incontro. Andrew mi tranquillizza, non vi sono problemi e mi chiede dove sto andando esattamente. Gli rispondo che non lo so, come poche ore prima non sapevo nemmeno che sarei finito a volare sopra di un vulcano, sto comunque cercando una comunità nella quale vengano fatti i tradizionali salti dalle torri, che qui chiamano "Nagul". Proprio dopo il vulcano il cielo sino a quel momento prevalentemente coperto si apre, sullo sfondo vedo le coste dell'isola di Pentecoste, circondate da acque di un azzurro intenso. Tra la foltissima vegetazione piccoli villaggi ed ecco la in basso l'emozione dell'avvistamento di una torre di legno che si erge sino a superare le cime delle piante più alte della foresta. Attorno una piccola rada. Con la testa fuori dal finestrino ne scorgo tre sino al momento dell'atterraggio su di uno sconnesso prato non lontano dal mare. Andrew mi da pure il nome di certo Henry, suo conoscente che abita però in un villaggio molto più a sud del luogo dellatterraggio. Alcune ore dopo sono accovacciato su di un seggiolino di non più di venti centimetri, appoggiato allo stipite della mia capanna in legno di bambù e paglia, all'ombra di un grande noce selvatico, dai curiosi fiori che al sole paiono dei batuffoli fluorescenti. Fa molto caldo ed il temporale tropicale di poco prima non ha fatto che rendere l'atmosfera ancora più umida. Il mare, bellissimo ed invitante è a pochi passi, ma purtroppo infestato di squali e nessuno nel villaggio si sognerebbe di farvi un bagno. Traspiro e mi sento piuttosto affaticato. Dovè Henry? Non è stato infatti facile trovare Henry. Alla partenza del bimotore mi sono ritrovato tra pochi "ni vanuatu", così sono detti i locali, la cui preoccupazione prioritaria non ero certo io, bensì i carichi di mercanzia che dovevano faticosamente trasportare fino ai rispettivi villaggi. Inoltre Andrew pareva essere stata l'ultima persona incontrata che parlasse inglese. A Pentecoste l'annotazione della mia guida sul bilinguismo francese-inglese a Vanuatu pareva non essere nota. Mi ritrovai quindi davanti all'alternativa di salire sull'unica barca in partenza dalla spiaggia vicina o restarmene li, in mezzo a quel prato ad ammirare tutta quella esuberante bellezza della natura circostante. La scelta della barca si rivela forzatamente corretta, passando di villaggio in villaggio e chiedendo sempre di Henry, fatidicamente dopo un paio d'ore mi ritrovo al posto giusto. Inutile dire che sono stati per lo meno un poco sorpresi del mio arrivo, fatico a capire se sono più causa di disturbo o curiosità. Ma non ho certo il tempo di pormi molte domande, la priorità va alla necessità di trovare un luogo dove vi sia del cibo e dove possibilmente possa mettere un tetto sopra la testa. Il tetto è di foglie, il cibo è tipicamente locale a base di tuberi, frutti e verdure. Laplap è la pietanza tradizionale: jam grattugiato, impastato e cotto direttamente sul fuoco o nell'incavo di un tronco di bambù, servito quindi con un delizioso latte di cocco. Ma l'aspetto più bello del mio soggiorno consiste nella calorosa ospitalità che mi viene offerta che tento di ricambiare dando tutto quello che mi porto appresso e che possa essere loro utile. Dalle onde del mare i resti del "grand monde" Ida, la pelle scura, i capelli crespi e cortissimi, gli occhi dolci e capace di esprimersi dignitosamente in francese, è molto incuriosita dalle poche cose che nascondono le mie borse, come d'altronde tutti nel villaggio. Una semplice rivista con indicazioni turistiche sulle Vanuatu diventa fonte di eccitazione e crea l'avvenimento del giorno. Alcuni oggetti simili ai miei li hanno pure loro, sono vecchie ciabatte, magliette con più buchi che stoffa, bicchieri in plastica. Vengono dal "grand monde" mi dicono, sono vestiti e vettovaglie che riescono a recuperare quando il mare è molto mosso e porta a riva le cose più impensabili, gettate in mare da navi al largo e trasportate per miglia marine dalle correnti. Con un fischio Myriam mi chiama, ha sentito alla radio della vicina capanna (tramite la radio vengono diffuse dalla musica alle notizie private, dai nomi delle persone decedute alle indicazioni di trasporto) che il Belama II è in mare, dovrebbe giungere nei prossimi giorni a Pentecoste. L'appuntamento con la cerimonia del Nagul è per sabato, se ieri speravo di poter prendere il cargo per giungere in tempo a Pentecoste ora devo sperare che lo stesso arrivi dopo sabato in modo da avere un mezzo per poter ripartire! 3. Il dramma allultimo salto, ma la festa continua Col calare delle tenebre tutto si oscura rapidamente ed il villaggio comincia a vivere di ombre e di sussurri a volte impercettibili, di fruscii, di soffi di vento e dei sordi colpi di mortaio che provengono dalla capanna delle riunioni. E infatti il momento della cava, la cerimonia comune a tutte le culture melanesiane e polinesiane del Pacifico. Un infuso inodore che appare come acqua sporca, preparato tritando le radici secche di cava, poi imbevute di acqua e spremute tramite filamenti di guscio di noce di cocco. Le Vanuatu godono la fama degli infusi di cava più forti. Per chi, come me, non appartiene al villaggio si tratta un poco del rito di accettazione, un momento di riunione con le persone del villaggio nel quale si raccontano vita ed esperienze. Ieri notte ho offerto io il "giro" (ho procurato la materia prima) e non ho poi potuto più rifiutare la seconda e la terza tazzina, costituita da un mezzo guscio di noce di cocco. Sono così piombato in uno stato di piacevole tepore nel quale ombre e luci si confondevano e dove ci si sente pienamente partecipi di quellambiente che ti circonda. Sul sentiero che portava verso la mia capanna mi attendeva poi la grande prova, lattraversamento al buio del piccolo riale, in equilibrio su di un tronco che funge da ponte. Sinceramente non ricordo bene cosa sia successo, ma sono arrivato asciutto sul mio letto, costituito da due assi di legno sopraelevate, sopra le quali mi sono premurato sin dal primo giorno di porre una zanzariera. Il discorso delle zanzare potrebbe essere lungo e tragicamente doloroso. Lo riassumo dicendo che si tratta di una lotta costante e che solo questo supplizio mi impedisce di apostrofare col termine di "paradiso" questo luogo sperduto. Dal cerimoniale della cava al Nagol Intanto mi adagio sempre più alla lentezza di questo ritmo di vita senza tempo, dove
ogni cosa pare non debba e non possa mai cambiare. Accade così che il rito propiziatorio
del Nagol, i salti nel vuoto a testa in giù da torri di oltre trenta metri, divenga
lunico momento in grado di scuotere dal tepore i villaggi dellisola. Oggi è
il gran giorno, uno dei sei o sette appuntamenti con le torri che annualmente vengono
concordati ed equamente distribuiti tra i villaggi della regione. Tre settimane or sono
furono gli amici del villaggio dove mi trovo ad esibirsi, oggi dovrò quindi intraprendere
una marcia di poco più di unora per recarmi ad una comunità vicina. Lultimo
tratto di cammino è il più impervio, i consueti piovaschi tropicali hanno reso le piste
nella foresta viscide e fangose e solo aggrappandosi a liane e piante si riesce ad
avanzare. Dopo una settimana ritrovo per loccasione altri viaggiatori. Pochi turisti
partiti alcune ore prima con un piccolo velivolo privato da Port Vila e quindi trasbordati
dalla pista datterraggio fino al villaggio del Nagol con una barca a motore. A dire
il vero li incontro poco entusiasti, per loro il passaggio dalle comodità
dellalbergo di Port Vila alla realtà di queste zone è stato molto repentino. Sono
per la maggior parte già fradici per la pioggia, stanchi ed infangati per la camminata
fino alla torre e pure per loro è cominciata limpari lotta contro le zanzare. La foresta circostante, i ritmi delle danze, i saltatori pronti per la cerimonia,
quella sensazione di stare per vivere qualche cosa di speciale, tutto ciò contribuirà
ben presto a far dimenticare i disagi ed in un certo senso a farci sprofondare in una
cultura che pare non appartenere a questo mondo. Ai piedi della torre, costruita con rami
fissati lun laltro da liane e che pare in equilibrio precario, attendono i
saltatori. Sono muscolosi, nudi, unicamente col pene ricoperto dal namba, il perizoma
locale, paiono divertiti, ma col passare del tempo sono sempre più eccitati. Canti e
nenie fortemente ritmate vengono ripetute senza sosta ed i passi delle danze sono sempre
uguali, fino a creare col tempo dei profondi solchi nel terreno fangoso, quasi a voler
sottolineare un legame con la terra. Ed i salti intendono infatti divenire propiziatori
per un buon raccolto, quasi un atto simbolico di fecondazione del terreno, con un tuffo
verso il basso e la testa frenata solo a pochi centimetri da terra dalle liane che, legate
alle caviglie, si tendono sempre più. Il carico sulle articolazioni al momento della
frenata deve essere tremendo, il minimo errore di calcolo può essere fatale. (Ognuno è
responsabile della preparazione delle proprie liane.) Le conseguenze degli errori le ho
viste nelle infermità di alcuni giovani del mio villaggio. I salti si susseguono
lun laltro, così come ad un torrido sole si alternano violenti rovesci. Tutto
prosegue incurante dei capricci del tempo, come se i saltatori e d i danzatori fossero
posseduti da uno stato di estasi che li estrania dallambiente.
A sorpresa nella notte arriva il cargo Belama II, ma ... Così è avvenuto che dopo aver impacchettato in tutta fretta le mie poche cose nella notte al lume di una lampada a petrolio ed essere corso, sacco in spalla, sulla spiaggia, giungesse dal cargo una piccola imbarcazione con alcuni marinai i quali annunciavano che per onorare la festività di Pentecoste, dato che il capitano era profondamente cristiano, il battello si sarebbe fermato il fine settimana poco lontano, al largo del prossimo villaggio costiero. Quasi una beffa insomma ed il mio travagliato rapporto col Belama II pare così non aver fine. Intanto sono ormai passati alcuni giorni dal mio un poco rocambolesco arrivo nel villaggio di poche capanne, nel quale ho trovato ospitalità presso la famiglia di Henry, un cordiale ed alquanto riservato "ni vanuatu" (così vengono chiamati gli abitanti locali). Ci sono certamente ancora molte cose che devo comprendere della cultura e delle abitudini del luogo: in un certo senso ci osserviamo continuamente, cercando di intuire quale genere di comportamento reciproco sia il più adatto. Un fatto è certo: in questo villaggio non sono abituati ad avere visite! Piano piano vengo però integrato nel loro ritmo di vita quotidiano, partecipo discretamente a tutte quelle piccole attività che sentenziano il lento passare del tempo di questi luoghi. Alle prime luci dellalba laccensione del fuoco che inonda inevitabilmente la capanna di fumo, quindi la colazione a base di tuberi (come il pranzo e la cena), il controllo delle culture non lontane dal villaggio, le lunghe discussioni e le sieste nei momenti più caldi della giornata. Al tramonto il bagno rinfrescante nella pozza dacqua poco oltre le ultime case del villaggio al tramonto. Questa mattina il cane di casa mi saluta con due leccate particolarmente calorose e la piccola Belinda, la nipotina di Henry, mi fissa con i suoi grandi occhioni scuri. Meriam, la moglie di Henry, è già da un po al lavoro tra il fumo della capanna, sta cucinando qualche cosa di particolare. Il tradizionale laplap prima della partenza Oggi è Pentecoste, ma non è questo lavvenimento per questa gente più animista che cristiana, loccasione è data dalla coincidenza della data di Pentecoste col giorno del mio compleanno ... e questo sullisola proprio di Pentecoste! Il laplap domenicale (la tradizionale pietanza locale a base di jam, un tubero) è questa volta a forma di grande torta e viene cucinato secondo tradizione nella terra. Un buco nel centro della capanna nel quale vengono poste pietre ardenti, i cibi da cucinare e quindi il tutto è ricoperto di altri sassi e foglie di pandano. E lultimo saluto di questa gente genuina che lascio con molta tristezza. Ho appreso molto da loro e non è stato facile il giorno successivo vederli sempre più lontani sulla spiaggia fare ampi gesti di saluto mentre le rumorose macchine del Belama II incrementavano sempre più i loro giri. Mi rimane lultima immagine della sincera commozione di Henry, di Meriam e di tutti gli amici che mi avevano accompagnati sulla spiaggia alla partenza. Forse proprio in quel momento mi sono effettivamente reso conto di quante persone e di quanti affetti ero riuscito a conquistare in quei giorni trascorsi nel villaggio. Mi rimangono alcuni piccoli ma tanto grandi regali, alcuni cesti di foglie intrecciate, due ciondoli locali e tanti ricordi. Ma ora il viaggio prosegue, domani o forse dopodomani vedrò Luganville! 5. Nella notte verso Luganville ed i Namba Mentre la nave ondeggia, il sole calando rapidamente appare come una gigantesca palla di fuoco che incendia lorizzonte proprio dietro il vulcano di Ambryn. Presto è notte ed al caldo umido delle ultime ore della giornata si sostituisce una piacevole brezza che invade il ponte del Belama II, quella carretta dei mari che per così tanto tempo avevo atteso e che quasi incredibilmente mi trasporta ora verso nuove mete. Ad intervalli regolari, nella notte si intravedono fuochi di segnalazione sulle spiagge. Una piccola barca a motore si stacca dal battello cargo, raggiunge la costa, carica nel buio merce e passeggeri e ritorna. Così facendo il barcone base non si ferma mai, o quasi. E questo "quasi" ha un valore molto particolare. Infatti quelle poche volte che il battello arresta i rumorosi motori per poter caricare quantitativi importanti di mercanzia - spesso si tratta di copra (gusci di noci di cocco essiccati destinati allindustria cosmetica occidentale) -, le soste divengono interminabili. Nessuno può dire quando si ripartirà, o meglio tutti sanno che le caldaie verranno riaccese quando la merce sarà a bordo, ma i carichi giungono alla spicciolata, spesso con canoe che pazientemente fanno spola dalla costa. Ancora una volta sono confrontato col concetto particolare del tempo di queste isole melanesiane. Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo Ricordo una frase letta mesi or sono: "voi avete gli
orologi, noi abbiamo il tempo" quanta verità in poche parole! Unaltra giornata si sta concludendo. A fatica Api è riuscito a trovare la sua (!) casa ed i miei sentimenti nei suoi confronti sono ora contrastanti. La sua cordialità sul battello cargo e le interessanti informazioni ricevute nel corso delle lunghe ore di navigazione trascorse sul cargo Belama II, sono in contrasto con questo strano comportamento dal quale traspare tutto il suo disagio: come è possibile che non riesca più a trovare la sua abitazione in questo piccolo luogo? Finalmente chiedendo di casa in casa raggiungiamo quella dei suoi familiari. Laccoglienza è tiepida, quasi fosse un intruso. Ci fanno accomodare su di un tronco di legno al centro del giardino e quindi, un poco alla chetichella, escono dalle capanne tutti i parenti: gli zii, i fratelli, il padre e la madre. Ci stringono la mano e poi la maggior parte di loro scoppiano discretamente in lacrime. La mia confusione mentale è totale, cerco negli sguardi di chi mi circonda le spiegazioni che il mio raziocinio occidentale non trova. Mi si avvicina finalmente una sorella che in un francese un poco stentato mi dice che sono tutti molto felici che Api sia tornato a casa, era infatti partito per fare visita ad alcuni parenti dellisola di Ambryn ... undici anni fa! Una visita a parenti di ... undici anni Il mio pensiero va a tutti coloro ai quali avevo confidato i
miei crucci sui difficili tempi e programmi di viaggio; cosa avranno pensato di quel
viaggiatore tanto preoccupato di dover attendere per altre due settimane un battello? Il
soggiorno nella casa di Api - o meglio in una baracca di assi di legno adiacente - si
rivela in seguito però essere molto cordiale e soprattutto contraddistinto da più
spontaneità che non nel villaggio di Pentecoste. Dopo poche ore sono già integrato nella
consueta vita della comunità. La località è più grande e comprende gruppi in
rappresentanza delle differenti etnie delle Vanuatu. Un insieme affascinate di tradizioni
diverse che fanno da cornice ad una Luganville assonnata: una lunga fila di negozi
affacciati sulla via principale sulla quale transitano camionette sconquassate; pochi
alberghetti mal frequentati e, per me, l importante piccolo ufficio della compagnia
aerea locale Vanair, presso la quale mi affretto ad acquistare il biglietto per un volo
verso il sud delle Vanuatu. Per completezza di cronaca preciso che il biglietto acquistato
non fu in seguito mai registrato presso i responsabili dellaeroporto e che quindi
solo per caso il giorno del volo riuscirono a liberare un posto per il sottoscritto sul
piccolo velivolo bimotore, giunto come consuetudine con ore di ritardo. Curiosamente in
questi luoghi pare non funzionare mai niente, ma alla fine ci si ritrova quasi sempre al
posto giusto ... basta solo avere tempo e pazienza. Nel breve volgere di una settimana
avrò quindi lopportunità di visitare, attraversando dun sol botto da un capo
allaltro tutto larcipelago, due luoghi storici per queste isole: Vanafu e
Sulfur Bay. Padre Joel infatti è pastore di una non meglio identificata
congregazione cristiana insediata in uno dei luoghi più tradizionali di Santo e delle
Vanuatu: Vanafu. Qui scoppiò la rivoluzione che portò allindipendenza delle Isole
Vanuatu e qui sono ancorate più che in altri luoghi le tradizioni locali. Il namba è
frequentissimo e qui è costituito da un perizoma sul pene, coperto da un lembo di stoffa
svolazzante, il tutto fissato con una cintura di pelle. Così come pure sono consuete le
gonne di paglia per le donne e quelle di foglie verdi di pandano per le bambine. Padre
Joel, che incontrai sul battello e che gentilmente mi invitò a raggiungerlo in questi
luoghi dopo aver visitato il villaggio di Api, vive qui ormai da anni, circondato e non lo
nega, da un certo scetticismo della gente locale, ancora orientata verso credenze animiste
ancestrali. La sua chiesa di canne di bambù immersa in un giardino di fiori è molto
carina anche se austera, ben arieggiata ed aperta a tutti, ma ciò non è certo
sufficiente per convertire molte anime. Joel non ne fa un dramma, è amico di tutti e vi
sono dei momenti nei quali mi sono quasi convinto che un poco di animismo viva anche
dentro di lui. Qui, anche se è stato il luogo dal quale è partita la rivoluzione, regna
una grande pace, gli abitanti sono estremamente cordiali, le case costruite con canne di
bambù, con i tetti di paglia che arrivano fino al terreno. La partenza è difficile anche
da questo villaggio così bello, immerso in una vegetazione lussureggiante e ricchissimo
di fiori, ma ormai questa è una costante per ogni viaggiatore. La cara famiglia di
Pentecoste, poi lamico Api e ora Padre Joel: quanti arrivederci dal sapore di addio.
7. Nel cuore del culto del cargo Da tre giorni sono giunto sullisola di Tanna e siedo su di un grande tronco d'albero ricurvo su se stesso, le cui foglie mi proteggono da una noiosa pioggerellina. In questo luogo si dice sia nato e sia ancora praticato il culto del cargo. Anni fa alle credenze animiste si sovrapposero confuse idee cristiane: un essere supremo vivente nel cielo avrebbe dovuto portare ricchezza e benessere a tutti. Il caso volle che nel corso della seconda guerra mondiale del materiale venne disperso da alcuni aerei cargo proprio sulla regione. A quel momento parve a tutti chiaro che ciò fosse il tanto atteso arrivo del regalo divino. Nacque così e si diffuse in seguito in diverse isole del Pacifico il culto del cargo. Le divise US Army e quelle della croce rossa, contenute nei cassoni recuperati allora, sono ancora oggi abbinate a tutta la simbologia religiosa locale. Un alzabandiera in vecchie divise US Army Nei pressi di un gigantesco albero di banial, da poco tempo si è pure conclusa la
cerimonia giornaliera dell'alzabandiera. Gli indigeni hanno intonato canti vagamente
marziali, vestiti ancora con quelle vecchie divise americane, rattoppate e sgualcite,
cadute dal cielo cinquant'anni fa. La fortuna sfacciata mi ha però portato per caso in
questo villaggio fuori dal mondo proprio il giorno del cerimoniale della circoncisione.
Unimportante festa locale programmata ogni tre, quattro anni! Sulla grande radura
antistante il villaggio, da ore vengono ammassati regali. Attendo pazientemente. Di tanto
in tanto odo in lontananza il suono generato da un vigoroso soffio in una conchiglia
gigante. Intravedo movimenti e preparativi nelle capanne, ma nulla accade ancora. Cathy,
una gentile ragazzotta che mi ha condotto sin qui, mi dice di pazientare, la festa
comincerà ... Un mare di cenere ed il vulcano Yasur Davanti a noi appare una visione quasi di altro mondo: un mare di cenere scurissima, un
lago bordato di schiuma bianca e poco oltre un cono quasi perfetto: il vulcano Yasur.
Attraversando la piana, a tratti, si odono delle esplosioni, un chiarore rossastro
illumina il cielo, poi di nuovo il grande silenzio, rotto solo dal quel rumore di
ferraglia della camionetta, che pare non avanzare mai. A notte inoltrata raggiungo una
comunità locale. Poco lontano gli indigeni hanno costruito alcune capanne di bambù nelle
quali ospitano i viaggiatori di passaggio. Alcuni giovani si fanno in quattro per rendere
il mio arrivo il più dignitoso possibile: mi danno del cibo, una debolissima lampada a
petrolio, dei fiori quale decorazione per la capanna. Poi mi trovo solo con ombre e suoni
poco familiari. A pochi passi gli scogli a strapiombo sul mare scuro ed il rumore delle
onde che vi si infrangono. Nella mente mi rimane impressa una frase letta sul libro degli
ospiti: "il Paradiso è qui, l'inferno è lassù, qui è la spiegazione". Le
persone incontrate in seguito, il tempo sempre piovoso, le luci lontane del vulcano, le
strane pozze d'acqua bollente nelle quali vengono cotti i cibi e la solitudine, non hanno
fatto in seguito che rinforzare la mia sensazione di essere capitato in un luogo
particolare. Il suono della conchiglia da inizio alla cerimonia I segnali delle conchiglie si intensificano e risuonano dalla foresta vicina. Vi è
grande movimento e trepidazione per larrivo del corteo di ragazzini, guidati dai
loro maestri. Mi dicono che sono già stati consacrati adulti, anche se alcuni di loro non
devono avere più di otto, nove anni. Il rito della circoncisione è avvenuto nei giorni
precedenti, dopo che i ragazzi hanno vissuto in isolamento per quattro settimane. Poco
prima dellapparizione dei festeggiati ha luogo uno strano e crudele cerimoniale: la
presentazione dei regali ammucchiati nelle ore precedenti. Il momento coincide con la fine
della vita per i maiali e per la grande mucca, che da ore si domandavano come me cosa
stesse succedendo. Un momento piuttosto macabro. I colpi delle pesanti mazze di legno
sulle teste dei suini, che disperatamente gridavano guardando i loro boia con occhi quasi
increduli, mi seguiranno ancora per giorni. Il sangue scorre pure per l'uccisione col
machete della pacifica vacca e per il suo successivo squartamento sul posto. Un'ora dopo
la carne mi viene servita ben cotta su di una foglia: malgrado il buon gusto il mio
appetito è limitato. La festa intanto prosegue, iniziano danze di gruppo, curiose corse
in cerchio ritmate con le mani e sempre più rapide, ma poi tutto pare affievolirsi
inspiegabilmente. Mi invitano però a presenziare alla seconda parte della cerimonia
prevista nella notte ... La pioggia fortunatamente è cessata e per me
questo significa che sarà forse possibile tentare lavvicinamento al vulcano. Quel
cono lassù, che pare essere a guardia di questa strana comunità di Sulfur Bay, non ha
mai cessato di tuonare: esplosioni violente nel corso delle quali si vedono chiaramente
fuoriuscire materiali eruttivi che poi ricadono sulle falde del monte. Una strana
sensazione mi invade e con la mia guida mi incammino verso il vulcano. All'improvviso
giunge addirittura il sole che fornisce un incredibile vigore al verde delle piante e
delle poche zone d'erba che contrastano con quel nero della cenere, che parrebbe annullare
ogni possibilità di vita. Nell'ultimo tratto di risalita del vulcano, accompagnato ora da
un altro giovane del villaggio di nome William, la poca vegetazione sparisce
completamente, solo cenere e sassi sotto i nostri piedi. Lava pietrificata e grandi massi,
che raggiungono certamente tonnellate di peso, fuoriusciti dalla bocca del grande cono,
sempre più vicina, rimbombante e temuta. William mi mostra alcuni massi che ieri non
erano ancora sul terreno, a tratti si ferma, si sincera della direzione del vento, ascolta
da dove provengono le esplosioni. La sua calma mi rassicura, mentre la sommità è sempre
più vicina. A carponi facciamo gli ultimi metri, l'emozione è indescrivibile quando ci
affacciamo sul ciglio del cratere per guardare in basso. Il vento soffia impetuoso alle
nostre spalle, il rumore è assordante, soffi gassosi sibilanti, zampilli di lava come
grandi fontane e poi esplosioni tremende e frammenti incandescenti lanciati per centinaia
di metri verso il cielo: "qui è il paradiso, lassù l'inferno", come scrisse
quel viaggiatore nel libro degli ospiti del villaggio, ora ne capisco pienamente il
significato. Ma questo doveva essere solo la porta dell'inferno, in quel momento non
sapevo ancora che il vero inferno l'avrei poi conosciuto più tardi nella notte. Tra
un'andata ed un ritorno all'inferno, trovo effettivamente però pure, incredibilmente, il
Paradiso. Al ritorno nel villaggio, dove assaporo il silenzio e la pace della mia capanna
sugli scogli, mi si presenta infatti una visione che non avrei mai immaginato. Vanuatu (Nuove Ebridi) Vanuatu in un dialetto locale significa "la terra che viene dal mare". Infatti è un arcipelago isolato, situato nel Pacifico del Sud a circa 2000 km dallAustralia, composto da 74 isole abitate e da altre 270 piccole lingue di terra emergenti. Prima del 1980, anno nel quale sono divenute indipendenti, erano note come Nuove Ebridi. Devono forse un poco della loro notorietà al rito dei saltatori dalle torri, ma offrono molte altre attrazioni quali vulcani, spiagge superbe e molta cultura e tradizione locale ancora intatta. Le strutture turistiche sono limitate e per viaggiare alle Vanuatu è indispensabile molto spirito dadattamento.
Da oltre 20 anni viaggia nel suo tempo libero intorno al mondo. Ha così collezionato (a volte inconsuete) esperienze in tutti e cinque i Continenti ed in oltre 60 Paesi, spostandosi prevalentemente utilizzando mezzi di trasporto locali e spesso alloggiando presso gli abitanti dei luoghi visitati.
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