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Racconti d'Africa

. Di ritorno dal Mozambico (Sara)

. Viaggio in Namibia (Maurizio)

. Strade d'Africa: Nairobi - Zanzibar (Roberto, serie)

. Destinazione Africa nera, Burkina Faso (Greta)


Di ritorno dal Mozambico, di Sara

Ogni viaggio è un susseguirsi di incontri con volti nuovi, usanze differenti, parole e discorsi dal sapore sconosciuto. Ed ogni incontro con una persona è un viaggio, uno scoprire nuove terre, spazi impensati, è accorgersi di frontiere e di emozioni inimmaginate. Ma in Africa tutto cambia di forma, aumenta, trova dimensioni allargate: dalla frutta (ananas, papaya), agli insetti (ragni, farfalle, scarafaggi), al mare (Oceano Indiano), alla mentalità e usi e costumi della gente (così differenti dai nostri!). Chi viaggia in Africa vede comporsi davanti ai suoi occhi uno straordinario mosaico della realtà, una visione diversa delle cose e una impressionante sensazione di estraneità!
La meraviglia e lo stupore ci conquistano, e rimaniamo senza fiato ad ammirare ciò, che fino a poco tempo prima, non immaginavamo esistesse: quella terra, quel mare, quelle persone.Certo ci vuole tempo, per sedimentare e per assaporare tutto questo senza paura. Ma il tempo è una delle più grandi risorse dell'Africa e tutto può depositarsi con calma nel cuore.La nostra permanenza in Africa (eravamo in cinque: Giorgia, Marco, Attilio, Pietro e Sara), è iniziata da Johannesburg, dove, il primo agosto, abbiamo preso l'autobus che, attraverso circa 500km da ovest a est, ci ha portati a Maputo, capitale del Mozambico.Nell'entrare in territorio mozambicano, siamo stati colpiti dalla vastità di terra selvaggia, perlopiù savana, che ci circondava. C'erano enormi spazi di cielo e terra che lasciavano libera la visuale da tutti i lati, tanto che Giorgia ha esclamato: "Non mi servono più gli occhiali, qui!" A Maputo, la più grande città mozambicana, siamo rimasti alcuni giorni nei quali abbiamo visitato la Piazza dell'Indipendenza, la Fortezza, l'Orto Botanico, la Casa di ferro costruita da Eiffel, il Porto, il cimitero coloniale e molte altre cose. Il giorno 4 siamo partiti in auto per Inhambane dove (dopo una meravigliosa sosta-pranzo in riva al mare a Xai-Xai) siamo arrivati alla sera. Lì abbiamo incontrato Eric, che ci ha ospitati e che, nei giorni successivi, ci ha permesso di visitare i progetti di Kulima (partner e rappresentante del Cesvitem in Mozambico): interventi di sviluppo rurale integrato molto efficaci e che coinvolgono fortemente la popolazione della zona.Abbiamo anche riposato alla bellissima spiaggia di Tofu e poi siamo ripartiti verso Vilankulo. Lì siamo stati ospitati da una dolcissima donna africana: Marta.
Marta è infermiera nell'ospedale e vive da molti anni a Vilankulo; in paese è molto rispettata per il bene che ha fatto alla sua gente e camminando con lei per il paese abbiamo osservato che tutti la salutano, la conoscono e la stimano.Da lei e dalla sua famiglia abbiamo imparato molto, ed è nata tra noi una affettuosa amicizia.Il giorno 8 siamo arrivati a Beira, dove il Cesvitem sta concludendo dei progetti per la riabilitazione di alcuni centri sanitari. Durante il tragitto la Nissan con la quale viaggiavamo ci ha traditi per la prima volta: abbiamo forato una gomma, e dopo averla cambiata abbiamo scoperto che anche la gomma di scorta era sgonfia. Per nostra grande fortuna un auto si è fermata a soccorrerci, era guidata da un tanzaniano e un zimbabweano che gentilmente ci hanno prestato il loro ruotino.Siamo così riusciti ad arrivare a Beira verso il tramonto.
A Beira siamo stati ospitati da Veziano, un amico del Cesvitem, e abbiamo visitato con cura i nostri progetti a Manga e Chingussura, località di periferia.
Il giorno 11 siamo ripartiti e siamo andati in Zimbabwe. Abbiamo visitato il Nyanga Park (a 2500m di altezza!), Masvingo, con le bellissime rovine della civiltà del Gran Zimbabwe (che sono le maggiori antiche costruzioni africane dopo le piramidi!) e la zona di Chipinge. Tornati in Mozambico attraverso l'avventurosa strada della frontiera di Espungabera (abbiamo attraversato sei guadi del fiume Buzi e viaggiato per 200km su strada di terra battuta), siamo ritornati a Vilankulo, da Marta, per visitare l'arcipelago di Bazaruto.Descrivere le isole di Magaruque, Benguerra e, soprattutto, Bazaruto, non è possibile: posso solo tentare di dare un suggerimento della meraviglia che abbiamo visto. Bazaruto è un incanto: dalla barca si vede ergersi un'alta duna di sabbia dorata al di sopra del mare cristallino. Si approda e si inizia a scalare questa soffice ed arida duna: dalla cima si domina il mare dai mille colori (la barriera corallina verde smeraldo, il profondo blu oltremare, le sfumature striate che contraddistinguono i fondali di sabbia, roccia, corallo), le nuvole veloci, grandi, bianche, le lagune all'interno dell'isola (abitate da coccodrilli e ippopotami) e le piante verdi, dalle quali il vento porta cinguetti di sconosciuti uccelli esotici. Giù a riva, i pescatori indicano che esiste un luogo tanto bello, e che loro ci abitano, e vivono del mare, e senza costruire complessi turistici, o sfruttare l'isola per fini economici, la preservano, godendosi il lato migliore della vita.
Zacaria ha 31 anni, è il capitano della barca a vela che abbiamo utilizzato per raggiungere Bazaruto: anche lui è un uomo di mare. E' una persona molto bella, semplice e profonda, e mi ha detto, quando gli ho chiesto perché aveva chiamato la barca "Amor do mar" che: "Senza amore per il mare, in mare, non si può far nulla". E quando gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto comprarsi una barca sua, ha risposto: "anche se potessi comprarla la affiderei a noleggio a qualcun altro, perché questa è la vita che mi piace, viaggiare sul mare, pescare, condurre la barca.".
Il giorno 17 siamo tornati a Maputo dove siamo stati anche in una Clinica medica per curare dei disturbi che ci infastidivano (punture d'insetto).
In seguito alcuni di noi sono tornati in Italia mentre Attilio, (che ha riorganizzato il magazzino di Kulima e iniziato la costruzione di un nuovo ufficio per il progetto Ntwanano) ed io (che ho continuato nei lavori di gemellaggio tra scuole, gruppi, italiani e mozambicani, nella formazione dei quadri locali, nel coordinamento delle attività Cesvitem-Kulima) siamo rimasti a Maputo fino al 29 agosto.
Moltissime altre sarebbero le cose da raccontare: mi piacerebbe parlarvi di Giacinta, Giselda, Vicente e gli amici di Kulima, di Lourenço (un ragazzo di Inhambane , nostro amico, che dipinge batik), dei bambini di Polana Caniço (che hanno ballato per noi le loro danze tradizionali), di Ben (musicista e chitarrista eccezionale).
Ma chissà, forse, se avrete la forza e il coraggio di accettare il bello e il brutto di un mondo sconosciuto e affascinante come quello del Mozambico, forse l'anno prossimo potrete vedere tutto questo coi vostri occhi!

Viaggio in Namibia. di Maurizio

Periodo: dal 9 al 29 agosto 1999

PREMESSA

Visitare la Namibia non è per nulla difficile, sempre che si segua l’itinerario classico, senza avventurarsi in zone non battute del nord, ai confini con l’Angola, e sempre che non si scelga la stagione delle piogge, che rende le strade impraticabili. E’ senz’altro possibile organizzare il viaggio per conto proprio, programmando circa due settimane per visitare i luoghi più importanti e conosciuti, avendo come mezzo di locomozione l’automobile, preferibilmente un 4x4, che si avrà cura di prenotare con congruo anticipo; va comunque detto, che molte strade sono transitabili con un’automobile normale e le strade percorribili solo con un 4x4 sono segnalate. Se avete tempo a disposizione, potete noleggiare l’automobile in Sud Africa, dove costano molto di meno; in questo caso, programmate circa un giorno di viaggio per raggiungere il sud della Namibia.

AVVERTENZE

Il grosso problema della Namibia, è rappresentato dallo stato delle strade, spesso non asfaltate e con pericolosi cumuli di sabbia che rendono la guida assai poco stabile, tutto ciò aggravato da banchine ai lati della strada non transitabili e dal fatto che spesso non si incontrano centri abitati o altre persone per ore. Evitate di viaggiare senza la luce del giorno e prestate la massima attenzione alla guida, mantenendo sempre una velocità moderata e la migliore concentrazione per tutto il viaggio. Anche se all’inizio potrebbero sembrare raccomandazioni esagerate, tenete presente che è molto frequente uscire di strada anche con spiacevoli conseguenze. La cosa è capitata a noi ma anche a molte altre persone che abbiamo incontrato durante il viaggio.
Tutto ciò, rende particolarmente importante la scelta ed il controllo del mezzo di locomozione, per il quale vi consigliamo di riferirvi ad agenzie internazionali, in quanto hanno uffici dislocati nelle città più importanti e non solo nella capitale. Inoltre, alla consegna del mezzo verificatene lo stato e soprattutto l’esistenza della ruota di scorta (meglio chiederne una seconda) e degli attrezzi per la sostituzione in caso di foratura.
Tenete presente che il mese di agosto in Namibia è il periodo secco, ma la notte la temperatura scende anche sotto lo zero, pertanto si consiglia di portare giacconi e maglie pesanti; coloro che hanno fatto il viaggio in tenda si sono lamentati del freddo patito di notte.
Altra avvertenza molto importante, non vi avventurate nel tracking al Fish River Canyon se non siete preparati ed organizzati per farlo: abbiamo conosciuto persone che hanno passato brutti momenti!
Abbiate l’accortezza di prenotare i pernottamenti con anticipo, in particolare nei posti più belli e frequentati (Sossus-Vlei e Okaukuejo nell’Etosha), in quanto recentemente la Namibia è diventato un luogo molto visitato e pertanto si rischia di non trovare da dormire.
Infine, evitate di fare le prenotazioni tramite un ammiccante e di facile utilizzo sito internet, con una agenzia di nome Etosha Fly-in Safaris Tsumeb, io ho fatto l’errore e mi sono ritrovato un addebito per un pernottamento diverso da quanto richiesto, senza possibilità di dimostrare le mie ragioni in quanto è stato impossibile stampare il prospetto di prenotazione dal sito.

LUOGHI DA VISITARE

Non perdete il magnifico spettacolo del deserto del Namib, in particolare Sossus-Vlei, con le sue dune di colore arancio, da scalare per assistere al sorgere del sole. Altro posto fantastico è il parco Etosha: in particolare si consiglia di non perdere il magnifico spettacolo notturno della pozza del campo di Okaukuejo, i cui bungalows vanno prenotati con largo anticipo. Altri luoghi da visitare sono Walvis Bay, con gli innumerevoli fenicotteri rosa, l’incredibile viaggio per raggiungere Terrace Bay all’interno della Skeleton Coast e la città fantasma di Kolmanskop.

PROGRAMMA

9 Roma-Tel Aviv-Johannesburg
10 Johannesburg-Windhoeki
11 Windhoek-Waterberg
12 Waterberg Plateau
13 Waterberg-Windhoek
14 Windhoek-Hardap
15 Hardap-Ai Ais
16 Fish River Canyon
17 Ai Ais-Luderitz
18 Luderitz
19 Luderitz-Sesriem
20 Sossus-Vle
21 Sesriem-Swakopmund
22 Swakopmund
23 Swakopmund-Terrace Bay
24 Terrace Bay-Okaukuejo
25/26 Etosha
27 Namutoni-Windhoek
28 Windhoek-Johannesburg
29 Johannesburg-Roma

DIARIO DI VIAGGIO

Partiamo il 9 agosto alle ore 12,10 con il volo El Al diretto a Johannesburg con stop a Tel Aviv. Abbiamo scelto la compagnia aerea Israeliana in quanto è molto economica; se fate la stessa scelta, preparatevi a rispondere ad un fuoco di fila di domande sia sul viaggio che sulla vostra vita privata da parte degli addetti alla sicurezza della compagnia. Comunque, atterriamo alle ore 17,00 a Tel Aviv, dove decidiamo, in attesa della coincidenza per Johannesburg, di visitare la città (abbiamo sentito di altri turisti che con un pullman hanno raggiunto Gerusalemme), raggiungibile con circa 30 minuti di autobus di linea. Ritorniamo all’aeroporto e dopo i soliti controlli, ci imbarchiamo a mezzanotte circa per il Sudafrica, dove arriviamo la mattina del giorno dopo. Pur dovendo aspettare circa cinque ore per il volo dell’Air Namibia per Windhoek, decidiamo di non uscire dall’aeroporto, anche perché una visita alla città di Johannesburg è fortemente sconsigliata per la sicurezza personale. Alle ore 15,00 circa del 10 agosto atterriamo a Windhoek, dove troviamo ad attenderci un impiegato della Kessler, la società dalla quale, dall’Italia tramite internet, abbiamo noleggiato l’automobile di fascia B, non essendo più disponibili le 4x4. La Kessler è un’agenzia locale che gode di buona fama soprattutto presso i viaggiatori anglosassoni. Pur a fronte di un buon servizio iniziale, noi abbiamo avuto diversi problemi di cui racconterò nel prosieguo; pertanto, consiglio di riferirsi ad agenzie internazionali, anche se un poco più costose (alcuni nostri amici sono riusciti a spuntare prezzi simili alle agenzie locali).
Appena preso possesso dell’automobile, ci dirigiamo verso l’Hotel Continental, in centro, l’unico che siamo riusciti a trovare libero prenotando dall’Italia. L’Hotel (costo N$ 409 per la doppia), pur essendo decente non è un granché e con lo stesso prezzo, o poco più, si può dormire in ottime guest house o alberghi a conduzione familiare, tipo il Villa Verdi. Dopo una cena a base di bistecche e patatine (sembra di essere negli Stati Uniti) al Grand Canyon Spur Steak House per circa N$ 45 a persona, andiamo a dormire.
In attesa dei nostri amici con cui proseguire il viaggio, decidiamo di passare i successivi due giorni al Waterberg Plateau (prenotando al Bernabè de la Bat), non prima di aver avuto l’idea, che poi si dimostrerà lungimirante, di prenotare i pernottamenti delle successive tappe.
Partiamo la mattina dopo alla volta del Waterberg Plateau, dove arriviamo dopo circa tre ore di viaggio su strada asfaltata (B1), tranne l’ultimo tratto. Il Bernabè de la Bat rest camp è un posto molto tranquillo e rilassante, ben organizzato con ottimi bungalows che ricordano i parchi americani. E’ dotato di ristorante, dove abbiamo mangiato un’ottima bistecca di orice innaffiata da un ottimo vino rosso sudafricano con una spesa di circa N$ 50 a persona, e di piscina con vista panoramica e con temperatura dell’acqua per coraggiosi. Il giorno successivo abbiamo partecipato all’escursione organizzata con jeep al Plateau, per ammirare alcuni animali presso una pozza d’acqua (necessita della prenotazione e dura circa tre ore ed è deludente per chi proviene dall’Etosha) e nel pomeriggio ci avviamo verso il breve trekking mountain view (consigliato al tramonto) per godere di un’ottima vista della zona.
Ripartiamo dal Waterberg il 13 alle ore 14,00 circa, alla volta di Windhoek. Ci fermiamo a Okahandja dove ci sono due mercati di prodotti artigianali uno a nord e l’altro a sud della cittadina (consigliamo quello a sud) ed arriviamo a Windhoek dopo il tramonto. Alloggiamo all’Hotel Continental e ceniamo al ristorante Marco Polo, cucina italiana, ambiente raffinato per circa N$ 80 a persona.
Il mattino dopo partiamo presto, diretti verso sud, per la strada B1. Arriviamo all’Hardap Dam Recreational Park, dove ci sistemiamo per la notte. Il posto è molto deludente, per cui ne sconsigliamo la visita.
Il giorno dopo, partiamo alle ore 9,00 diretti verso sud (Ai Ais), dovendo percorrere circa 480 km. Fino a Grunau la strada è buona (B1), poi bisogna prendere la C10 e percorrere 74 km di sterrato in buone condizioni, da evitare di percorrere al buio. Arriviamo all’Ai Ais Hot Spring Resort nel primo pomeriggio, dove, dopo il relax nelle stupende acque termali e la cena al ristorante, andiamo a dormire nell’alloggio prenotato tramite il MET a Windhoek.
Il giorno successivo, dopo circa 100 km di strada sterrata con ottimo panorama, arriviamo al Fish River Canyon, dove intraprendiamo a piedi la discesa verso il fiume da Sulphur Springs (o Palm Spring). Il dislivello è di circa 500 metri e ci si impiega 1 ora e mezza per la discesa e 2 ore per la risalita. E’ un’escursione molto bella da fare in giornata. Ricordatevi di portare acqua in abbondanza e sappiate che non è una passeggiata! E’ stato già detto della difficoltà del trekking completo del Fish River Canyon (durata circa 5 giorni), che richiede preparazione ed organizzazione non per principianti.
Il giorno 17 agosto partiamo per Luderitz di buona mattina in quanto ci aspettano circa 450 km. Prendiamo la strada sterrata che porta al Fish River Canyon, per poi dirigerci verso Seeheim.
Purtroppo, prima di immetterci nella C12, la nostra automobile si ferma e non ne vuole sapere di ripartire. Fortunatamente siamo nelle vicinanze di un lodge molto carino ed appena costruito, dotato di distributore di benzina e ristorante, che consigliamo (il nome è Gondwana Canyon Park, tel.264.61.230066). Aiutati dai proprietari del lodge contattiamo la Kessler, che ci propone di aspettare lì l’arrivo di una seconda automobile da Windhoek, forse per il giorno dopo. Potendo contare sull’automezzo dei nostri amici, preferiamo lasciare l’auto guasta al lodge e proseguire sull’altra, dandoci appuntamento a Luderitz con la Kessler.
iassumendo la vicenda dell’automobile, successivamente abbiamo scoperto che la Kessler, come tutte le agenzie locali, non ha uffici in altre città; pertanto, l’unica possibilità era di far arrivare la seconda automobile da Windhoek, che dista da Luderitz almeno dieci ore di viaggio ininterrotto; inoltre, solo il giorno dopo, da Luderitz, abbiamo capito che la Kessler non disponeva più di automobili e solo dietro nostre violente insistenze ha subaffittato il mezzo da un’altra agenzia locale che solo dopo due giorni ci è giunto a Luderitz.
Comunque, nel pomeriggio arriviamo a Luderitz (dove abbiamo previsto di passare due notti), il tempo di sistemarci nell’albergo già prenotato telefonicamente (il nome è Zum Sperrgebiet nuovo, è una costruzione nuova di colore rosa con ristorante e piscina, il cui costo è di N$ 500 per la doppia), di prenotare le escursioni per il giorno dopo, e di fare una capatina ad Agate Beach, stupenda spiaggia a nord della città, dove ammiriamo uno splendido tramonto ed il passaggio di fenicotteri rosa. Cena al ristorante On the Rocks (consigliata la prenotazione), dove mangiamo la migliore zuppa di pesce mai assaggiata, aragoste con dell’ottimo vino bianco, il tutto per circa N$ 100 a testa.
La mattina dopo, alle 9,30 ci presentiamo alla città morta di Kolmanskop, per la visita guidata, dove scattiamo molte fotografie alle vecchie case oramai preda del deserto. Alle 12 andiamo al porto, dove abbiamo prenotato l’escursione a Halifax Island; il tempo è splendido e fa caldo (alcuni nostri amici ci avevano consigliato di indossare abiti pesanti per il freddo, ma evidentemente siamo stati fortunati) il tour dura circa 2 ore ed abbiamo avvistato alcuni delfini ed alcuni pinguini in lontananza. La sera, cena al ristorante Bay View, dell’omonimo albergo, con l’enorme piatto unico di pesce, per una spesa di circa N$ 90 a persona, compreso il vino ed il dessert.
La mattina del 19 finalmente ci arriva l’automobile di riserva (solo più tardi ci accorgiamo che è priva di cric e di aria condizionata) e pertanto partiamo alle ore 9,00 diretti verso Sesriem (circa 650 km). L’itinerario (che consigliamo), prevede la B4 fino ad Aus, la C13 fino a Helmeringhausen e la C14 fino a Maltahoe. Il paesaggio è stupendo ma la strada, pur larga, presenta pericolosi cumuli di sabbia. Poco prima di Maltahoe deviamo per la 36, diretti verso Solitaire. A questo punto commettiamo l’errore di prendere la strada D845 e poi la D826, in quanto è molto sconnessa e siamo costretti ad un’andatura di circa 20 km/h: consigliamo, pertanto, di proseguire per la 36 verso Solitaire, per poi deviare per Sesriem. Arriviamo all’ingresso del parco al tramonto. Qui ci sono solo due possibilità di alloggio: il campeggio (se non siete dotati di tenda, l’unica possibilità è dormire in macchina nell’area di sosta), ed il Movempik (ex Karos Lodge), lodge nel deserto molto lussuoso e caro. La prima alternativa è d’obbligo se si vuole essere sulle dune per l’alba, in quanto il parco apre i cancelli alle ore 6,00 e ci vuole quasi un’ora di strada sterrata in buone condizioni per arrivare alla famosa duna 45; pertanto l’unica possibilità di essere alla duna per l’alba (alle ore 6,00) è quella di dormire dentro il parco, cioè nel campeggio.
Noi siamo stati molto fortunati, in quanto abbiamo trovato miracolosamente posto al Movempik, pur avendo più volte provato a prenotare senza successo nei giorno scorsi. Il posto è splendido, la cena ottima, il tutto per N$ 600 a persona.
Il mattino dopo sveglia alle 5,30, per essere all’ingresso del parco all’apertura. Dopo circa un’ora di strada con splendida vista delle dune rese colore arancio dal sole che sorge, arriviamo alla duna 45 dove intraprendiamo la scalata alla cima, da dove si gode un fantastico panorama; dopodiché, discesa a precipizio a piedi scalzi giù per il costone più ripido della duna. Ripresa l’automobile, facciamo il tratto transitabile per le auto per poi prendere lo shuttle che per una strada molto sabbiosa ci porta fino a Sossus-Vlei, dove a piedi raggiungiamo la suggestiva died-vlei. Ritorniamo nel pomeriggio, il tempo di visitare la duna Elim, vicino all’ingresso del parco, verso nord, per poi dirigerci verso il Namib rest camp, prenotato da Windhoek (costo circa N$ 300 a persona comprensivo di cena e colazione). Ci sistemiamo nei bungalows e dopo un giro nel giardino, dove vivono una zebra ed un orice, alle ore 19,00 in punto andiamo a cena insieme agli altri ospiti del campo.
Il mattino del 21 agosto partiamo con calma alla volta di Swakopmund (circa 300 km), ci dirigiamo verso Solitaire per poi prendere la C14; attraversiamo i passi Gaub e Kuiseb, la strada è molto ripida e consigliamo di percorrerla con la luce del giorno, per poi passare attraverso il deserto del Namib. Arriviamo a Swakopmund alle ore 14,00 circa, ci sistemiamo all’Hotel Europa Hoff che sembra uno chalet bavarese, prenotato da Windhoek (costo circa N$ 380 la doppia a notte); andiamo a piedi verso il centro della cittadina per una passeggiata, ma purtroppo essendo sabato tutti i negozi sono chiusi, perciò ci prendiamo un tea nell’ottimo Out of Africa, nella zona nord della città e facciamo un po' di shopping alle bancarelle di artigianato locale davanti al cafè Anton. La sera cena da Kuki’s (necessaria la prenotazione), con atmosfera friendly ed ottimo piatto unico di pesce (spesa N$ 135 a persona).
Il giorno dopo, in mattinata andiamo a Walvis Bay, per ammirare le migliaia di fenicotteri rosa, tanto vicini che si arriva quasi a toccarli; poi, sulla strada per Swakopmund ci fermiamo in un posto dove affittano delle moto a 4 ruote per fare un giro tra le dune nel deserto (molto divertente), quindi, nel pomeriggio ci avviamo alla Welwischia drive, per ammirare le piante simbolo della Namibia; l’ultimo tratto di strada è abbastanza sconnesso, tanto da dover mantenere una bassa andatura e, tranne per le curiose piante, il resto non è particolarmente eccitante. Ritorniamo a Swakopmund in tempo per un tea al famoso Cafè Anton e poi cena al Western Saloon, unico ristorante dove abbiamo potuto mangiare in quanto, essendo domenica, era tutto pieno.
Il 23 agosto, partiamo alle ore 8,00 diretti a Terrace Bay (circa 350 km). Dopo circa 2 ore arriviamo a Cape Cross, riserva di Otarie, per ammirare lo spettacolo di migliaia di otarie tanto vicine da toccarle. Riprendiamo il viaggio e lungo la strada deviamo verso il mare per vedere il relitto di una nave. Varchiamo il cancello della Skeleton Coast nel primo pomeriggio: ci aspettano 176 km per arrivare a Terrace Bay. Il fondo stradale non è male ed il panorama è suggestivo; a tratti la strada non si vede neanche a causa della sabbia mossa dal forte vento. Arriviamo a Terrace Bay poco prima del tramonto, c’è forte vento e molto freddo, e dopo esserci sistemati nei bungalows prenotati al MET di Windhoek, andiamo a cena nell’unico ristorante e a letto presto.
Il mattino dopo partiamo alle 7,00, diretti verso Okaukuejo nel parco dell’Etosha, ci attendono circa 500 km, dei quali la metà di strada non buona ed inoltre, vogliamo visitare le incisioni rupestri di Twyfelfontein. Dopo Khorixas, lungo la strada per Twyfelfontain, incontriamo un grosso elefante allo stato brado con il suo piccolo; ci avviciniamo per scattare alcune foto e siamo costretti a darcela a gambe in quanto l’elefante non gradisce la nostra presenza (alcune guide, successivamente, ci diranno che è molto pericoloso scendere dall’automezzo ed avvicinarsi agli animali, specie se elefanti ed allo stato brado).Dopo aver visitato le incisioni rupestri, circa 1 ora, lungo la strada per Khorixas a causa di un cumulo di sabbia, l’automobile sbanda e finiamo fuori strada, con alcuni danni all’automezzo. Arriviamo all’Etosha verso le 15,30, ci sistemiamo nei bungalows di Okaukuejo prenotati dall’Italia tramite un’agenzia e ci dirigiamo a fare un giro nel parco. Cena a buffet al ristorante del parco, e poi tutti ad osservare l’andirivieni di elefanti, giraffe, gazzelle e rinoceronti alla pozza illuminata.
Il giorno successivo lo passiamo a girare per il parco, incontrando un’infinità di animali, purtroppo senza vedere il leone.
Il 26 agosto lasciamo Okaukuejo per andare a Namutoni, dove arriviamo nel pomeriggio, dopo essere andati a zonzo per l’Etosha; i bungalows sono molto belli e decidiamo di acquistare la legna e la carne per fare un braai, con tanto di sciacallo ospite. Poi, visita alla pozza, molto deludente soprattutto rispetto a Okaukuejo, in quanto non si vedono animali.
Il 27 agosto lasciamo Namutoni diretti verso Windhoek (ci aspettano 530 km di strada asfaltata) dove arriviamo al tramonto, restituiamo l’automobile alla Kessler e ci sistemiamo nella Pension Steiner (N$ 340 la doppia); cena nell’ottimo ristorante tedesco Gathemann’s (spesa circa N$ 100 a testa).

Ripartiamo dalla Namibia il 28 agosto.


Destianzione Africa nera, Burkina Faso
di  Greta


Sette anni fa, quando è nato mio figlio, ho deciso di sottoscrivere un sostegno a distanza. Mi sono rivolta al CIAI (Centro Italiano Aiuti all’Infanzia – www.ciai.it) che mi ha assegnato una ragazzina del Burkina Faso (ex Alto Volta), piccolo Stato dell’Africa Occidentale.
Nell’Ottobre 2002 ho avuto l’opportunità di partecipare, insieme ad altri venti “sostenitori”, ad un viaggio proposto dallo stesso CIAI, per visitare il Paese e il Complesso Scolastico Alpha Solidaritè. Il gruppo di persone, provenienti da diverse città italiane, si è composto all’aeroporto parigino Charles De Gaulle, per imbarcarsi verso Ouagadougou, capitale del Burkina Faso dal nome impronunciabile.
Prima di partire mi chiedevo che effetto mi avrebbe fatto entrare in contatto con realtà così disagiate e se sarei stata in grado di reggere le ripercussioni emotive di ciò che avrei visto. Niente di più sbagliato… appena scesa dall’aereo ho avvertito immediatamente la profonda diversità del “Terzo Mondo”, ma in poche ore sono stata pervasa da un sottile e profondo senso di serenità. Tutto intorno a me, le facce della gente, la loro andatura tranquilla e molleggiata, lo scorrere del tempo, i colori caldi e vivaci, mi ha trasmesso sensazioni positive.
Il secondo giorno siamo partiti da Ouagadougou alla volta di Bobo Dioulasso, la seconda città del Paese, a 360 chilometri dalla capitale. Il viaggio è durato quasi tutta la giornata, su un pullmino tipicamente africano dai colori sgargianti. La dimensione temporale in Africa può essere snervante per chi non riesce ad adattarvisi; su un bus ho visto un adesivo che diceva “Un retard c’est mieux qu’une absence” (Un ritardo è meglio di un’assenza), motto che rispecchia esattamente la loro filosofia: non esiste fretta, gli orari sono qualcosa di superfluo, è inutile correre perché più tardi, o domani, va bene lo stesso.


LA SCUOLA
Come in molti Paesi dell'Africa, anche in Burkina Faso l'accesso all'educazione è difficile per mancanza di strutture adeguate; su 100 bambini che in un anno avrebbero diritto all'istruzione, ne vengono accolti soltanto 30 (di cui 25 maschi e 5 femmine).
Una volta arrivati a Bobo Dioulasso siamo entrati nel vivo del nostro viaggio, con la visita al Complesso Scolastico Alpha Solidaritè, che conta 1.200 studenti, dai tre ai diciotto anni. Di questi alunni, 850 possono frequentare la scuola grazie ai sostegni a distanza italiani.
Siamo rimasti letteralmente a bocca aperta di fronte all’accoglienza che ci hanno riservato: al nostro arrivo tutti i bambini e i ragazzi, con i loro insegnanti e il direttore, ci hanno salutato con applausi, canzoncine, schiamazzi di gioia. E’ stato un vero tuffo al cuore, un’esperienza commovente ma allo stesso tempo molto gioiosa, essere in quel cortile circondati da milleduecento faccine scure e sorridenti.
Durante la giornata abbiamo visitato le classi nelle ore di lezione: in alcune c’erano banchi esattamente uguali a quello che avevo io alle elementari, con il buco per mettere il vasetto dell’inchiostro in cui intingere il calamaio. Alcuni bambini avevano delle lavagnette al posto dei quaderni: mi hanno spiegato che non tutti hanno soldi a sufficienza per comprare quaderni che, una volta usati, si devono buttare. La lavagnetta invece può essere cancellata e usata all’infinito. Chissà, forse saranno i bambini che non hanno un sostegno, ho pensato.
In un incontro durato pochi minuti, abbiamo conosciuto i “nostri”: ogni componente del gruppo ha potuto parlare con il bambino/a o ragazzo/a da lui sostenuto e offrirgli un piccolo regalino in segno di amicizia e di affetto. Elie, questo è il nome della “mia” ragazza, ora diciottenne, è all’ultimo anno di liceo; mi ha raccontato che dopo la scuola vorrebbe fare la decoratrice, perché le piace molto disegnare fiori ed è molto brava. E’ stato un momento un po’ imbarazzante, perché nessuna delle due sapeva esattamente cosa dire. Ho notato che si sentiva un po’ in soggezione: quasi non osava guardare, in mia presenza, il regalino che le ho portato; ho preferito dunque non insistere con troppe domande, ci siamo ringraziate e salutate.


L'INAGURAZIONE
Il motivo principale del nostro viaggio è stato partecipare all’inaugurazione del “Centro Polisportivo Rita Trapanese e Maurizio Vaglini”, costruito all’interno del Complesso Scolastico. Questo progetto, promosso da CIAI, Gazzetta dello Sport e Nazionale Italiana Cantanti, comprende dei campi da gioco, un Centro Sportivo con spogliatoi e docce e un Ambulatorio Medico per gli interventi di prima necessità e gli screening periodici dei bambini. Era tutto pronto: dai palloni da basket alle scarpette da calcio, dai medicinali negli scaffali dell’Ambulatorio alle attrezzature mediche.
E’ stato veramente emozionante vedere da vicino tutto ciò che è stato realizzato e come le associazioni senza scopo di lucro possano davvero lavorare bene e impiegare il denaro per migliorare concretamente la vita di coloro che hanno bisogno. Ho immaginato quei bambini poter finalmente giocare a calcio, a basket, poter essere curati quando stanno male… perché laggiù i bambini, quando sono ammalati, non vengono tenuti a casa: vanno a scuola proprio perché spesso è l’unico posto dove possono trovare delle medicine.
Alla manifestazione hanno partecipato tutti gli studenti, gli insegnanti, alcune autorità come il Sindaco di Bobo e l’Assessore alla Pubblica Istruzione, e la televisione nazionale. La cerimonia è stata infatti parzialmente trasmessa durante il telegiornale della sera, a testimonianza di quanto sia rilevante questo progetto in un Paese come il Burkina Faso.


LA GENTE
Durante il nostro soggiorno abbiamo anche avuto modo di visitare alcuni villaggi rurali.
Gli africani sono gente sorridente. Molti vivono tutta la vita con niente, ai bordi delle strade, davanti a case che di case non sanno davvero. Ma gli sguardi, le facce, sono fieri e sereni. E’ stato come entrare in un’altra dimensione, dove non c’è spazio per pensieri complicati e poco concreti e per depressioni esistenziali. C’è solo terra, e uomini.
Forse la nostra società occidentale, fatta di cose, di beni materiali, fondata sul concetto dell’individuo e del profitto, si è un po’ allontanata dalla natura autentica dell’essere umano, generando spesso quel senso di vuoto e inquietudine.
In Burkina Faso, nei villaggi, l’uomo è ancora alle origini, cammina sulla terra rossa e calda, vive in comunità, la gente è un tutt’uno. Hanno poche cose o quasi niente, ma lo spirito è calmo, positivo, pieno di speranza. I bambini sono i bambini del villaggio, non solo dei loro genitori, vengono tutelati da tutti gli abitanti. Gli anziani stanno insieme a tutti gli altri e nessuno è mai lasciato a se stesso.
Ho visto bambini che non hanno nulla, nemmeno un giocattolino, nemmeno un vestitino addosso, correre sorridenti e gioiosi in giro per le strade, portandosi appresso solo la loro voglia di crescere. E' la comunità che conta, la solidarietà, la famiglia nel senso più completo del temine. Anche nei quartieri dove ho visto regnare la miseria, la sensazione non è mai stata quella di compatire, ma di rispettare la loro fiera compostezza. Nemmeno per un minuto mi sono sentita “superiore” perché vivo in un mondo dove c’è tutto. Invece tante volte ho impercettibilmente chinato la testa davanti a quegli sguardi espressivi, pieni di speranza e di voglia di vivere serenamente nonostante tutto.

Greta


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